A dicembre del 2011 mi fu commissionato un lavoro.
La richiesta era semplice, un libro fotografico su Napoli. Cominciai a scattare a gennaio, e a settembre non avevo ancora uno straccio d’idea su che forma avrebbe avuto il lavoro. Ero stanco e sfiduciato. Ricordo una primavera calda, un’estate caldissima, il peso dell’attrezzatura sulle spalle e gli infiniti basoli calpestati. Eravamo quasi pronti ad andare in stampa, ed io ero paralizzato dal panico; uscire con qualcosa di mediocre, proprio a Napoli, mi atterriva. E così una notte che non prendevo sonno, giusto per allentare la tensione, provai a dare una forma grafica alle migliaia di foto che avevo accumulato nel corso dell’anno. Presi questa
E poi questa
e le affiancai per fare una doppia pagina.
Sorpresa! Le due foto in coppia si esaltavano, e acquistavano anche significati diversi. Le immagini che avevo affiancato per contrasto di colori, erano cambiate anche di senso, e il cratere del Vesuvio ora ricordava le orbite vuote dei teschi del Cimitero delle Fontanelle.
Eccitato dalla scoperta, iniziai a cercare abbinamenti di tutti i tipi, per similitudine o per contrasto, per colore o geometria.
Ecco allora Palazzo Donn’Anna e l’Italsider, splendidi e desolati,
la speculazione edilizia e la Tavola Strozzi,
il buio del Palazzo Sanfelice e la luce del mare,
le forme degli sbuffi della Solfatara e la statua del Nilo.
Andavo avanti eccitato, rendendomi conto che tutto il lavoro fatto finalmente aveva trovato il suo sbocco naturale, bastava mettere ordine nell’archivio sterminato. Quella notte scoprii coincidenze straordinarie, come questa veduta presa da Nisida, di cui avevo scattato l’omologa tra le maioliche del Chiostro di Santa Chiara.
O la gru, che avevo scattato per pura frustrazione, in una di quelle giornate che ti sembra di non azzecarne una, e questo Satiro Danzante del Museo Archeologico.
Seguirono un paio di settimane esaltanti, in cui giravo Napoli cercando le tessere mancanti del puzzle che si andava formando. Così, al Museo di San Gennaro trovai un quadro che era in rima coi due pescatori ripresi tre mesi prima.
E, ancora più incredibile, il dipinto del vascello trovato alla Certosa di San Martino, uguale, anche nella posizione, a quello ripreso da me 200 anni dopo.
Ragionavo ormai con pensiero binario, uno scatto valeva solo se trovava il suo doppio. Ecco allora un ginocchio del Cristo Velato che mi ricordava il Vesuvio,
o i colori del golfo ripreso in orari diversi.
Girando per Porta Nolana con mio fratello Bruno avevo visto, e ignorato, questi sgombri. Il giorno dopo ero a Capodimonte e, appena visto questo Sant’Agostino, mi precipitai di corsa a riprendere i pesci.
A volte forme e colori si combinavano, come nel caso della Crocifissione del Masaccio (Museo di Capodimonte) che richiama nelle linee (il triangolo delle braccia alzate) e nei tre colori l’ombra del Duomo sulla facciata dei Girolamini.
La morale di questa storia? Non troppo lusinghiera per me, visto che per farmi venire un’idea decente devo camminare nove mesi con una decina di chili sulle spalle!
Irene Gironi Carnevale dice
Ma le idee sono un guizzo fulmineo, caro Mauro, e il risultato in questo caso è da brividi. Ognuno può ritrovare in queste coppie magnifiche qualcosa di sé e della propria storia, intuire emozioni altrui, ricamare su sogni non ancora fatti, immaginare e far galoppare la fantasia a braccetto con la storia.
Io, per esempio, mi perdo nella magica e tenebrosa atmosfera di Palazzo Sanfelice, fantasticando su cosa può accadere dietro il buio di quelle finestre; ritorno alla mia infanzia quando mia madre mi indicava l’isola di Capri dicendomi: “E’ la Bella Addormentata della favola” e io ancora oggi continuo a crederlo, attingendo anche alla leggenda delle tre sirene; risento le emozioni e le paure della mia vita universitaria perdendomi nei colori delle maioliche del Chiostro di Santa Chiara dove ho avuto il privilegio di andare a rifugiarmi per studiare in una cornice di rara bellezza. E che dire degli sgombri di S.Agostino, saporiti e santi ad un tempo? E tutte le luci e le ombre in cui è bello perdersi e ritrovarsi. Grazie Mauro, vedi cosa generano le tue idee? 🙂
maria consiglio marotta gigli dice
Leggendo la storia e guardando le immagini mi viene in mente Cartier-Bresson : fotografare…è porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore.
Un bel lavoro (il libro già lo conoscevo) sorprendente anche per chi a Napoli ci vive.
mauro dice
Spero che la buonanima di Cartier-Bresson non se l’abbia a male, per l’accostamento! 🙂
maria consiglio marotta gigli dice
🙂
Fabrizia Piccolo dice
E x una ignorante come me nei campi fotografici, architettonici e pittorici…….posso solo esprimere che, prima della spiegazione , le tue opere mi colpivano, emozionavano, a volte anche spunto di riflessioni……ma, ora, tutto mi è più chiaro e le apprezzo ancora maggiormente….!!! Obrigada per farmi amare la mia Napoli, a distanza, anche con altri sguardi….. <3
paola dice
Nove mesi di ansie con 10 chili extra da portare in giro? E poi, come per magia tutto si compie e la creatura si incanala?….. mi ricorda qualcosa. È proprio così che si fanno le cose migliori. 😀
Mauro Fermariello dice
E infatti, quando vado in stampa, dico sempre che è come un parto.
Konstantinos Bazakos dice
Molto interessante! Grazie!