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Napolistories

Napoli com'è, come potrebbe, come non dovrebbe

Street food a Napoli

17 Novembre 2016 5 commenti

di Marina Alaimo

Lo street food a Napoli non vuol dire semplicemente cibo da strada, ma rappresenta una cultura antica e radicata nelle capacità dei napoletani di adattarsi velocemente alle difficoltà e rendere speciali e gioiose anche le cose più povere o difficili. Tra i piaceri della vita il popolo partenopeo ha sicuramente quello per il cibo,’o magnà, per la convivialità e lo stare all’aria aperta godendosi la città. Ecco che l’offerta di street food qui è molto ampia e golosa e spazia dal salato al dolce.

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Nelle zone che si prestano al passeggio i punti vendita sono numerosi e troviamo nel cuore del centro storico un’offerta notevole e vivace. Si concentrano tra il decumano inferiore e maggiore, nella zona più antica della città. Iniziamo questo nostro giro di cibi da strada dagli scavi archeologici del complesso monumentale di San Lorenzo Maggiore. Un tuffo indietro nel tempo di 2000 anni. Scendendo sotto il suolo di appena dieci metri possiamo percorrere le strade della Napoli greco romana e incontrare la locanda del fornaio con il suo forno in ottimo stato di conservazione. All’epoca la gente mangiava soprattutto per strada ed il fornaio lavorava tantissimo per coprire la richiesta di pane e diversi tipi di pita, o di pinsa, o qualcosa a cavallo tra le due (quella che poi molto dopo diverrà la pizza). Poco più avanti il mercato criptoportico dove si vendevano e si consumavano sul posto pesci, semi, frutta secca ed altro. In via Grande Archivio c’è Maria Cacialli nella sua pizzeria La Figlia del Presidente che già dal mattino espone nel banco vetrina le pizze piegate a portafoglio proprio per essere consumante per strada, pizze fritte, il suo punto forte, frittatine di pasta, crocché, arancini. Maria è un personaggio da conoscere assolutamente per entrare nello spirito del quartiere.

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Tarall’ caver’ sugna e pepe, altro street food molto diffuso e saporito lo troviamo nel panificio Coppola e Vincenzo Travaglione ci racconta come prepara i suoi indimenticabili taralli sugna e pepe, quelli che ai tempi delle feste in casa erano sempre presenti e si accompagnavano con della birra molto fresca. All’epoca ci si accontentava di poco ed in queste occasioni si era molto felici. ‘O Cuoppo con fritto di mare, o di terra ed altre sfizioserie golose e tipiche è un felice ritorno on the road in via San Biagio dei Librai nel punto Il Cuoppo Friggitori Napoletani. Il fritto mette allegria e questa piccola bottega ha esaltato in ogni particolare questo principio così caro a noi napoletani. Dulcis in fundo chiudiamo con un dolce da passeggio, il babà, che ha avuto origini nobilissime.

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Oggi usiamo moltissimo gustarlo per strada e in piazza San Gaetano c’è la rinomata pasticceria di Salvatore Capparelli in posizione privilegiata. Si trova proprio sotto la chiesa di San Paolo Maggiore, costruita sul tempio dei Dioscuri le cui colonne si possono ammirare in tutta la loro bellezza e maestosità mangiando gli ottimi babà di Sasà.E’ questo un luogo magico sul quale si torna e ritorna scoprendo sempre qualcosa di nuovo e vivendo il tempo e lo spazio in maniera distesa ed emozionante, tra il vociare delle persone, i panni stesi, le tante botteghe, le numerose testimonianze di una storia antica ed importante, ma anche povera, scura seppur sempre tinta di poesia.

 

Con questo post comincia la collaborazione di Marina Alaimo con Napolistories. Buon lavoro a lei, e buona fortuna a tutti noi!

marina_alaimo

 

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Giuseppe Camerlingo
Libreria Colonnese

Comments

  1. Irene Gironi Carnevale dice

    18 Novembre 2016 at 11:34

    EVVIVA!

    Rispondi
  2. Titti Schettino dice

    19 Novembre 2016 at 17:27

    Napoli, capitale del sultanato delle due Sicilie. Come sta diventando brutta! perdono Mauro ma non mi piace.

    Rispondi
    • mauro dice

      20 Novembre 2016 at 0:36

      Non sono d’accordo, Titti, non sta diventando brutta. È in movimento, sta diventando una città turistica, forse anche per le disgrazie altrui. Ma c’è un flusso sempre più forte di visitatori, e la risposta sta venendo dai privati, che fittano stanze e aprono negozi. Il turismo non è mai troppo affascinante, ma per la città è una boccata di ossigeno. Ci sto tornando sempre più spesso, e sempre più volentieri.

      Rispondi
  3. Riccardo dice

    20 Novembre 2016 at 11:09

    Fra le incredibili contraddizioni di questa città straordinaria (fuori dall’ordinario), annovero anche l’aver conosciuto, per motivi di lavoro e altro, decine di persone provenienti da tutto il mondo che vivono a Napoli, perché, testuali parole, è il posto migliore in cui stare. Inglesi, francesi, americani, tedeschi, sudamericani, spagnoli…. Vivere in un luogo è un adattamento individuale a un habitat e questo sta esattamente a metà strada fra le insopportabili retoriche del “a Napoli fa tutto schifo” e “pizza, sole e mandolini”….

    Rispondi

Trackbacks

  1. La malanotte, il primo romanzo di Giuseppe Pesce ha detto:
    12 Dicembre 2016 alle 16:07

    […] è come le ciliegie, ogni post mi fa venire voglia di farne un altro. Stavo girando il video sullo street food quando ho adocchiato la libreria Colonnese. E mentre, qualche giorno dopo, intervistavo Edgar […]

    Rispondi

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