di Marina Alaimo
Roccocò, musicale nel suono della parola, come il babà, particolare che a noi napoletani interessa moltissimo perché la nostra cultura è intinta di musica e perché siamo dei bravi comunicatore e sappiamo che questo particolare catalizza l’attenzione. E’ un dolce semplice delle festività del Natale, reso più interessante dal nome che indossa con fare supremo. Si dice che sia uno di quei dolci di origine conventuale, e a Napoli ce ne sono molti, proprio come in Sicilia. La ricetta risale ai primi del 1300, la si deve al Real Convento della Maddalena.
Anche di questo si sa molto poco. Probabilmente ci si riferisce al convento che poi è stato dedicato all’Annunziata dove si accoglievano “i figi di nessuno” ed ancor prima le “donne perdute”. Il nome pare derivi dal termine francese rocaille, conchiglia, ed in effetti quello era il periodo angioino con il quale Napoli diviene capitale di un regno. E’ quindi un dolce rotondo, da qui il riferimento alla conchiglia, un biscottone duro odiatissimo dai dentisti. Qualcuno racconta che andasse intinto nel vino o nei rosoli che un tempo le nonne avevano sempre in credenza e che facevano da sé. Personalmente non ho mai visto nessuno inzuppare i roccocò nel vino o altro, ma sgranocchiarlo rumorosamente e lentamente tra le chiacchiere di fine tavola.
Quando portavamo i roccocò ai nostri parenti romani, li snobbavano pensando fossero scadenti proprio perché così duri e non sto a raccontare i commenti di mio padre a tal proposito. L’uso delle spezie e delle mandorle fa molto pensare alla cultura araba che spesso nella pasticceria napoletana incrocia quella francese. Che meraviglia! E proprio a questa mistione di culture ed al fatto che Napoli già in epoca Angioina sia stata una importante capitale europea, che dobbiamo la ricchezza di offerta della nostra pasticceria, e non solo. In questo periodo di feste natalizie le vetrine delle pasticcerie sono un tripudio di colori, forme e sapori, ma anche profumi. Sabatino Sirica è un pasticciere molto conosciuto per il fatto che ancora oggi lavori senza utilizzare preparati, ma solo materia prima con rispetto ed in maniera tradizionale. Non è retorico dire che sia una persona dolce quanto la sua pasticceria. Il negozio è a San Giorgio a Cremano dove quest’anno ha festeggiato i 40 anni di attività. Ha iniziato il mestiere da ragazzino, per necessità, rubandolo a coloro per i quali ha lavorato, osservando e senza fare tante chiacchiere. E’ molto conosciuto anche per il fatto che sia da più di 20 anni il pasticciere ufficiale della Società Sportiva Calcio Napoli ed in questo lungo periodo tutti i calciatori che si sono alternati in squadra hanno assaporato i suoi dolci napoletani. La tradizione da Sabatino è la Bibbia, quindi rimane un punto di riferimento importante per acquistare quei dolci del Natale che tanto amiamo portare sulle nostre tavole o regalare. Ci tiene a specificare che per i roccocò utilizza la mandorla di Bari e che li profuma con la buccia d’arancia fresca, grattugiata al momento. Ecco, questi due piccoli particolari fanno molto la differenza.
Donatella Sant Elia dice
Mio padre lo inzuppava nel vino rosso e lo faccio anch’io!
Marina Alaimoi dice
Ciao Donatella. Allora dicci in quale vino lo inzuppate. Buone feste.